La scagliola comune (Phalaris canariensis) è una pianta originaria del Mediterraneo occidentale e delle Isole Canarie. Secondo altre fonti è originaria del Nord Africa e del Medio Oriente, presumibilmente diffusa dagli spagnoli nel Quattordicesimo Secolo, perché non si hanno notizie della sua presenza in Europa prima del 1500. Curiosità che avalla indirettamente la seconda teoria: il nome spagnolo della scagliola comune è alpiste, parola che deriva dall'arabo ispanico alpist, ma che i mozarabi sembrano aver preso dal latino pistum, cioè la molitura dei cereali (1).

 

In Italia la scagliola comune è naturalizzata su tutto il territorio nazionale fino a mille metri sul livello del mare. Non va confusa con la scagliola palustre (Phalaris arundinacea). La scagliola comune è un vero e proprio cereale, in quanto appartiene alla stessa famiglia dell'orzo e del frumento (Poacee). Il fatto curioso è che, pur essendo nativa dell'ambiente Mediterraneo, i principali produttori a livello mondiale sono Canada (oltre il 70% della produzione mondiale, concentrata principalmente nello Saskatchewan), Argentina e Thailandia; marginalmente Ungheria, Australia e Uruguay (2).

 

I semi di scagliola vengono quasi interamente utilizzati come mangime per uccelli in gabbia e selvatici, solitamente in miscele con altri cereali. L'assenza di proteine simili al glutine nel grano, l'approvazione per uso alimentare e lo status GRAS, Generally Recognized As Safe, che i semi hanno ricevuto nel 2016, rendono questo cereale idoneo al consumo umano. Le applicazioni per uso umano sono del tipo nutraceutico: bevande senza lattosio alternative a quelle di soia, in quanto prive degli allergeni di quest'ultima; estratti antiossidanti - polifenoli e carotenoidi - ricavati dalla crusca dei grani (3), biscotti e gallette senza glutine. Si tratta comunque di prodotti di nicchia, distribuiti nei circuiti commerciali delle parafarmacie.

 

Le cultivar di scagliola registrate in Canada prima del 2001 - e presumibilmente anche gli esemplari che crescono spontaneamente nel nostro territorio - hanno le cariossidi pubescenti, ricoperte da tricomi (cioè peli molti sottili), silicizzati, che si spezzano durante la lavorazione del raccolto. Tali tricomi sono stati associati al cancro esofageo negli esseri umani e al cancro della pelle negli animali.

 

Considerati questi problemi legati ai tricomi, il programma di allevamento della scagliola presso l'Università di Saskatchewan ha sviluppato cultivar glabre (cioè prive di tricomi). È il grano derivato da queste cultivar glabre che ha ricevuto lo status GRAS e che viene utilizzato per i prodotti dietetici o nutraceutici. Le proteine estratte dalla granella hanno interessanti potenzialità per l'alimentazione di persone affette da diabete, ipertensione e obesità (4 e 5). Altri prodotti nutraceutici potenzialmente redditizi sono i germogli e le bevande fermentate - tipo kombucha - ottenute da questi (6), i quali avrebbero proprietà anti invecchiamento. Gli oli estratti dalla granella sono fonti di acidi ω-6 e ω-9 (7).

 

Ad ogni modo, la produzione mondiale di scagliola è marginale rispetto ad altri cereali: rappresenta appena lo 0,03% della produzione mondiale di frumento (dati Fao 2018, 2). Due sono i problemi principali che rendono questa coltura poco interessante per gli agricoltori: la resa in granella più scarsa rispetto al frumento o all'orzo e la marcata variabilità delle rese di anno in anno. I vantaggi risiedono nella rusticità della pianta e nel fatto che i semi non si staccano facilmente durante la mietitura. La scagliola comune si adatta bene a suoli limosi e argillosi, ma richiede un apporto di compost notevole nel caso di suoli sabbiosi.

 

La densità di semina raccomandata è di 35 chilogrammi/ettaro, ma può variare da 22 a 45 chilogrammi/ettaro. La profondità di semina non deve superare i 6 centimetri, il suolo deve essere umido ma non stagnante. La domanda di azoto è modesta, dai 35 ai 45 chilogrammi/ettaro, distribuiti nei primi 30 centimetri del terreno, in quanto si tratta di una pianta con radici superficiali. Il fosforo invece non deve eccedere i 33 chilogrammi P2O5/ettaro. La scagliola assorbe meglio il potassio se applicato in forma di cloruro (KCl) a ragione di 31 chilogrammi/ettaro (8). Lo zolfo ha meno influenza sulla resa rispetto agli altri fertilizzanti, 17 chilogrammi/ettaro sono sufficienti.

 

I trattamenti diserbanti e insetticidi sono gli stessi applicabili all'orzo. Secondo la fonte citata, la resa di granella ottenibile con tale concimazione è di 1.870 chilogrammi/ettaro. La resa di paglia è circa 1,6 volte quella della granella (2). La paglia è utilizzabile come foraggio. I suoi valori nutrizionali sono: proteina grezza dal 4 al 5%, Total Digestible Nutrient (TDN) dal 40 al 48%, calcio 0,3% e fosforo 0,3%.

 

Bibliografia

(1) Dizionario della Reale Accademia Spagnola, alla voce alpiste.

(2) Konstantinos Xyntaris; Phenology, canopy development, biomass and grain yield of annual canarygrass (Phalaris canariensis L.); tesi di laurea magistrale, University of Saskatchewan, 2018.

(3) María Ximena Durruty, María Marcela Rodríguez, Ana Karina de Figueiredo, Carmen Margarita Mateo, Susana María Nolasco, Isabel Concepción Riccoben, Extraction of Free and Bound Phenolics form Glabrous Canary Seed (Phalaris canariensis L.) Hulls; Latin American Applied Research Vol. 54 No. 1 (2024).

(4) Urbizo-Reyes, U.C., Aguilar-Toalá, J.E. & Liceaga, A.M. Hairless canary seeds (Phalaris canariensis L.) as a potential source of antioxidant, antihypertensive, antidiabetic, and antiobesity biopeptides. Food Prod Process and Nutr 3, 6 (2021).

(5) Eriny Talat Abd-Elmaseh, Mamdouh Nabil Samy, Mohamed Salah Eldein Abdelkader, Mostafa Ahmed Fouad; A review of phytoconstituents and biological activities of genus Phalaris; J. Adv. Biomed. & Pharm. Sci. 7 (2024) 80-87.

(6) Juárez-Trujillo, N., González-Avila, C., Beristain-Guevara, C.I., Mendoza-López, M.R., Pascual-Pineda, L.A. and Jiménez-Fernández, M. (2023), Nutritional, physicochemical and antioxidant properties of sprouted and fermented beverages made from Phalaris canariensis seed. Int J Food Sci Technol, 58: 5299-5310.

(7) Ben Salah, Hichem, Mouna Kchaou, Rihab Ben Abdallah Kolsi, Raed Abdennabi, Mohamed Ali Ayedi, Néji Gharsallah and Noureddine Allouche. "Chemical Composition, Characteristics Profiles and Bioactivities of Tunisian Phalaris canariensis Seeds: a Potential Source of ω-6 and ω-9 Fatty Acids" Journal of oleo science 67 7 (2017): 801-812.

(8) Dati colturali tratti dalla guida 2024 del Governo del Saskatchewan, convertiti dall'autore in unità metriche.